SottoZero è la newsletter che pesca oggetti nel freezer della memoria e li mette in scena. Oggi scongelo una maschera per poterla distruggere.
Ogni verità, una maschera. E tu lo sai.
Tengo il piede sulla frizione perché la strada è dissestata e c’è questo posto dove vuoi portarmi che non ho idea di dove sia. La strada sale mi hai detto e io la seguo. Intorno sono solo fitti alberi mossi dal vento mentre cerco di muovermi piano, la pelle mi tira tutto il volto.
Sei stanco. Dice.
Un po’. Dico.
È che devo proprio farlo, vero? Dico.
Ti sanguina un po’ il viso. Dice.
È normale? Dico.
Sì. E siamo quasi arrivati. Dice.
La montagna non è più alta di sei, settecento metri. Le ruote quattro stagioni ingabbiate dalle catene procedono seguite dal crepitìo del ghiaccio che si spezza. In pochi si avventurano fin qui, è una strada secondaria che arriva a una cima laterale del monte ed è immersa nel buio.
Sei bella. Dico.
Smettila. Dici.
Mi passo i polpastrelli sul viso, la pelle alterna punti lisci e caldi a solchi bitorzoluti da cui piccole pellicine bianche e rosa si staccano.
Non toccarti. Dice.
Ok, ok. Dico.
Sapevi sarebbe arrivato il momento. Dice.
Ho paura sai? Dico.
E di cosa? Dice.
Scherzi? Dico.
Lei guarda fuori, ha i capelli spessi, si sciolgono nella notte e si perdono nel verde scuro degli alberi quasi a sostituirne i tronchi.
No, io non scherzo mai. Dice.
Sterzo per una curva e la cintura mi sfiora il collo e i corpi oscillano, la sua mano sfiora la mia. È fredda, la guardo, la porta al naso, ha la pelle trasparente e profuma dell’odore di un momento esatto di notte, quando la vita sente che il sole sta tornando e la luna se ne va e gli animaletti muovono la terra.
Sarà davvero come dici? Dico.
Vedrai. Dice.
Arriviamo in cima e ci sono delle donne in piedi sul bordo della strada che finisce in una piazzola che dà sulle pendici del monte.
Stai tranquillo. Dice.
È una notte che non ha nulla da invidiare al giorno. La luna splende, illumina e non ci sono nuvole, mentre le stelle sembrano accese solo per rivelare quanto si sta per consumare qui su questa cima.
Io ho letto Jung ed è normale. Tutti indossiamo una maschera, più maschere, per sopravvivere nel mondo. È che io non la voglio più.
Chiudo lo sportello e lei fa il giro della macchina e mi prende per mano. È merito suo se sono qui, quassù. C’è odore di erba e terra e sentori di minerale e mi sembra di essere sulla vetta del mondo. Intorno, lontane lucine calde raccontano città che non dormono mai, invece il freddo sembra arrivare dalle stelle, per la morte antica che trasportano.
Sono cinque le donne ad accogliermi, vestite di tuniche nere. Tu mi accompagni, mi stringi la mano e la lasci e in mezzo a loro mi sdraio.
La terra fredda odora di bagnato e erba e tutte loro mi sono intorno. Non l’avevo mai provata fino ad ora la sensazione nitida di coercizione, mi angoscia. Tutte le vostre mani di seta mi bloccano le braccia, le cosce, le caviglie e deve essere così perché la verità va cavata dalla roccia.
Perché non parlate? Dico.
Le bocche si muovono e io non capisco perché è buio e sento il vostro respiro ma non sento parole e so che non potete sentirmi.
Tu dove sei? Mi hai lasciato solo? Dico.
Il silenzio ha un peso. Ha il peso esatto del vuoto che temiamo. Più grande è la paura, più il silenzio è terrorizzante e io ora ho come una pietra sul collo, addormentata sullo sterno e vorrei esplodere, divincolarmi e anche morire.
Ti tocca un silenzio simile, eh? Dici.
Dove sei? Parlatemi, parlami. Dico.
Calmo, è tutto a posto. Lo hai voluto tu. Dice.
Una di voi alza un braccio. In mano stringe una pietra.
Allora è così che funziona. Dico.
La pietra si scaglia contro di me sul viso; uno, poi due colpi e il rumore è prima un graffio e poi plastica dura che si spezza.
Via la prima, quella della vittima che ti ingabbia. Dice.
Non sento sangue colare.
Che c’è sotto? Dico.
Un’altra donna si scaglia contro il mio viso con un’altra pietra; è un rumore, un “toc“ chiaro di legno che cede e al terzo colpo sento gli occhi inumidirsi.
Via la seconda, quella del narcisismo che ti fa galleggiare. Dice.
Non sento dolore, ma il petto e lo sterno si chiudono a ogni colpo mentre i sassi calano violenti sul mio viso.
Sembri una noce di cocco aperta con la fame di un naufrago. Dice.
Non la vedo la terza donna, la sua voce è rumore nel buio e vederla mi tranquillizzerebbe.
Mi colpisce, non so da dove arrivi il colpo e sento un vetro andare in frantumi.
Via la terza, lo specchio che ti appropria del comportamento degli altri.
Non provo dolore, non provo niente.
Quante sono? Dico.
Dipende da quante ne hai indossate.
Si alternano rumori di acqua che schizza, poi roccia che si spacca a fatica e non sento ancora nulla e nessuna voce, fin quando mi arriva la voce di una donna.
Che fatica, mai vista una di diamante. Dice.
È così dura la maschera di diamante che non riesce a scalfirla. Così tutte insieme, tutte, prima di svanire, scagliate le vostre pietre e finalmente prima piccole schegge e poi grossi pezzi del cristallo vengono via.
Non provo ancora nulla, niente. È solo rumore adesso.
La notte lascia spazio all’alba che fa viola il cielo.
Perché non sento niente? Dico.
Sei pronto? Dici.
L’ultima sei tu. Alzi la mano, hai una mano elegante, affusolata. Scagli un solo colpo, uno, deciso, che mi provoca un dolore ancestrale, acuto e sul tuo viso e sul tuo petto schizzano sangue e carne e piccoli pezzi di grasso e ti vedo che mi fissi.
I miei occhi rotondi senza più nulla intorno piangono, si dirama il dolore su tutto il viso quasi da svenire, mentre tu continui a colpirmi.
Resta sveglio. Dici.
Sì, sì. Sì. Dico.
La vita è qui dietro, qua sotto c’è la tua essenza. Dici.
Le altre donne se ne sono andate, Siamo tu, io e l’alba.
Getti la pietra e infili le dita nella carne del mio volto e la strappi un pezzo alla volta. Prima in listelle poi a tocchi. Non è un dolore che posso ricordare, come una donna dopo il parto ne dimentica gran parte, io non ho contezza della sofferenza causata dal viso strappato. Senza più maschere la verità è di carne.
Restiamo in silenzio mentre il dolore mi trafigge testa e corpo.
Oh, no. Dici.
Cosa? Dico.
Dietro questa maschera c’è qualcosa. Guarda. Dici.
Le tue mani insanguinate gocciolano, io ho gli occhi spalancati perché non ho più palpebre. Tu estrai un piccolo specchio dalla tasca.
Guarda. Dici.
Non lo so. Dico.
Fidati. Dici.
Il dolore per un istante si placa. Ma lo specchio non riflette niente. Il mio viso è vuoto. Non c’è nulla, c’è un’ombra, una voragine in cui non c’è più traccia di vita.
Non posso gridare perché il vuoto non emette rumore.
Morta la Persona, resta l’Ombra. Dici.
La luce del giorno illumina la cima del monte, tu svanisci e un raggio di sole mi riempie di calore, l’ombra del volto si fa per metà di luce e calore, ora cosciente tra due metà in equilibrio.
Qui puoi condividere questa maschera dove vuoi e con chi vuoi.
Un po’ di cose sulle maschere
Qui c’è un po’ di storia della maschera di Jung
Nel link sopra c’è una poesia di Pessoa meravigliosa, visto che non tutti aprono il link, ve la lascio qua:
“Quante maschere e sottomaschere noi indossiamo
Sul nostro contenitore dell’anima, così quando,
Se per un mero gioco, l’anima stessa si smaschera,
Sa d’aver tolto l’ultima e aver mostrato il volto?
La stessa maschera non si sente come una maschera
Ma guarda di fuori di sé con gli occhi mascherati.
Qualunque sia la coscienza che inizi l’opera
Sua, fatale e accettata sorte è l’ottundimento.
Come un bimbo impaurito dall’immagine allo specchio
Le nostre anime, fanciulle, rimangono disattente,
Cambiano i loro volti conosciuti, e un mondo intero
Creano su quella loro dimenticata causa;
E, quando un pensiero rivela l’anima mascherata
Esso stesso non va a smascherare da smascherato.”Nella musica, molti sono i musicisti che indossano o hanno indossato maschere, e c’è un motivo. Qui trovate un po’ di informazioni. Anche se per me, la maschera più importante è questa in foto dalla mia collezione privatissima.
Un po’ di arte e maschere qui.
Questo ascolto è d’ispirazione per il freddo.
La copertina è sempre e per sempre di Luigi Annibaldi.
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Grande spunto di riflessione su noi stessi che ogni tanto va fatto,
grazie per questa discesa nel nostro profondo.❤️
♥️