Ti do il benvenuto, a te che leggi.
Qui tutto è gelato, anche il rumore.
Ora il freezer è aperto, copriti. Metto di nuovo le mani dentro, è ancora pieno zeppo che non riesco a vedere il fondo. Tiro fuori un’altra cosa che capita tra le mani e le fredda.
Vediamo di metterla a scongelare:
Vedi, non c’è dubbio sul nostro futuro. Ti guardo, se un uomo sa come guardare una donna le sa anche sottrarre la speranza.
Non vorrei solo portarti a letto, vorrei mi facessi vedere la tua capacità di farmi sentire Dio, altrimenti quello che mi resta è un vuoto che, vedi, io non saprei come colmare.
Quando ti guardo, mentre cucino, non hai un volto, non hai forma, non hai occhi, bocca o naso, scorgo solo il mio riflesso che ride. Hai le ali però, come se fossi un angelo e vorrei strappartele.
La tua casa è tutta uno specchio, devi dimostrarmi di avere ragione su ogni mio torto, è che io cerco mia madre in ognuna di voi e non ha neanche senso scopare adesso perché è una questione di profumo, di contatto con la pelle, mentre ti cucino carne al sangue e tu ti spogli e io ti riempio di parole, ti riempio del mio dolore mentre ti nascondi dentro al letto.
Penso di avere torto a usarti, ma io uso. È che vorrei solo essere visto perché capisci, gli uomini messi tutti insieme non raggiungono la percezione che ho io di voi e questo per me è come avere un arsenale a disposizione. Ti sciogli i capelli mossi, ti stanno meglio che lisci e te lo dico. Ho solo sedici anni ma ne ho anche venticinque e trentacinque e sono come una bestia nella giungla privato di qualsiasi empatia.
Mi muovo dentro casa, impiatto la carne e le patate, appoggio una foglia di verdura e ti servo. È la prima volta che cucino. Io non bevo, lo sai. Tu bevi e io lo so e se bevi non ti sopporto perché perdi un poco il controllo e io voglio solo imparare a capire l’incandescenza di certi momenti e restare lucido. È che sono ancora giovane. Eppure sei bella. Siete tutte belle. Al centro del mio mondo come foste fari che non devono mai smettere di non farmi sentire ombra.
Ti accarezzo, quante cose non sai, penso. Quante cose non so, ti dico. Tu accavalli le gambe. Quella poca aria che entra da fuori è fredda, è l’inverno e io lo preferisco all’estate perché d’inverno hai più motivo di cercare calore e raccontarti che quello che provi sia amore.
Vedi, noi uomini siamo mezzi animali e mezzi vuoti e dove pensi che io abbia il mio niente ci trovi il cuore. Eppure vi ostinate a vedere, a dimostrarmelo, ma io ho sedici anni, ne ho venticinque o ne ho trentacinque e l’ho fatto mille volte e l’ho raccontato a mille orecchie affondando il naso in acconciature appena fatte e l’ho bisbigliato a ogni labbro prima di un bacio.
Ti raggomitoli adesso, vero? Ma non stavi venendo da me? Ti dico.
La carne è grassa, al secondo morso la lascio, perché non vieni qui vicino a me?
Io resto seduto e assaggio una patatina fritta che è molle in bocca. Ti ammiro, mi chiedo da quale mazzo di fiori tu sia venuta fuori e quanto impiegherai ad appassire al mio fianco raccontandoti invece di sbocciare.
Le patate molli le sputo nel piatto e mordo di nuovo la carne. Entra un raggio di sole dalla finestra che scioglie il freddo e non so bene perché mi stai sorridendo. Ti siedi vicino a me, hai i capelli rossi come la testa di un fiammifero e mastico mentre ci infilo dentro le dita.
La casa è spoglia, c’è spazio per la tua consistenza e ogni specchio ti riflette con il volto di una donna diversa. Le vedo, i capelli biondi, i capelli castani, i capelli rossi, sono importanti i capelli ma non capisco perché io mi rifletto solo se mi guardi tu. Cosa ci faccio accanto a te? Ti dico. Vorrei provare a piangermi addosso ma non ho altro che diciotto anni ed è la mia prima volta, perché noi uomini manipoliamo già a questa età la percezione di voi, siete il nostro mondo e crediamo di essere custodi di diritto di ognuna di voi come fossimo l’universo.
Sei brutto da qui, mi dici. Così mi specchio e mi avvicino a te di nuovo.
Tu esci dal letto e rimetti i tacchi, se sei così bella lo saranno tutte, perché il punto è il firmamento che devo guardare per ricordarmi di essere un puntino nell’universo e non l’universo stesso.
Sono le mie prime esperienze o le ultime, io capisco che le donne possono salvare un uomo dalla solitudine, ma non capisco perché. Tu prendi un pezzo di carne, le labbra ti si scuriscono del sangue dell’animale e non mi sembri migliore di me. Devo uscire di qui penso e credo che non ti vedrò mai più e sarai tra i primi ricordi fatti di colori e ombre che si fanno buio con il passare del tempo.
È che troppi specchi mi fanno paura, perché riflettono la mia razza e mi trascinano là dove tu donna hai il polso di guardarmi in faccia e vedermi mentre ciò che resta è l’ennesima sconfitta. La carne nel piatto, se non la mangi, poi sa di morte. Prende quel colore scuro, diminuisce il desiderio, diminuisce la fame e si secca e un rivolo di acqua rubino cola nel piatto arrossando il giallo delle patate. Se è vero che l’occhio vuole la sua parte, la fame così svanisce e tu mi dici che non sono normale ma che sono molto altro. Non ho mai capito cosa intendessi mentre i tuoi occhi blu spariscono nel tempo e io ho il ricordo di quando ho conosciuto il tuo corpo per la prima volta e sono corso da te quando me lo hai chiesto, quando hai avuto paura, quando mi hai chiesto di restare, quando ho temuto che il dolore della tua vita ti distraesse da me e io mi sono chiesto se la vita fosse tutta lì in quelle tue lacrime trasparenti che arrossavano i tuoi occhi blu, verdi, neri.
Esco dalla stanza. Il sapore salato della carne in bocca, non ti ho neanche detto ciao, avresti pensato a quanto sia debole; penso che in un modo o nell’altro sarai felice. Passerà anche questa, mentre tu hai intravisto qualcosa dentro di me e piangi, io credo che è la prima volta di mille che lascio una donna. Che di botto finisco nel buio. Che di botto a quasi diciotto anni ma anche a venticinque e anche a trentacinque per me lasciare significa uscire dai riflettori.
Qui puoi condividere fuori dal freddo questa puntata di SottoZero
Ho questo pezzo di carne davanti a me oggi, si sta scongelando e penso che vorrei abbracciare mia mamma. Il freddo mi ha screpolato la pelle e ora che la carne riprende colore, non voglio luci puntate ma solo un gesto d’amore.
Amare implica tante motivazioni, ma lasciare, cosa significa per te? puoi dirmelo qui anche con poche parole.
In queste due settimane, tra le cose che sono capitate, ho trasformato in gelato un’eggregora e poi anche la noia; la prima mi perseguita, la seconda mi innervosisce.
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Che bellissimo incipit! Nulla avviene per caso. Questa tua domanda arriva nel momento esatto di una mia riflessione più ampia su come ci insegnino a costruire e anche a raccogliere i cocci, ma nessuno ci insegni a gestire il mentre, quella fase in cui non sai se "lasciare andare o rimanere ancora un po'".
A me queste newsletter emozionano ogni volta. Quindi grazie per ciò che condividi e per come lo scrivi. Arrivano nel profondo. Non ho altre parole per descriverle.
Alla domanda "Amare implica tante motivazioni, ma lasciare, cosa significa per me?" (domanda interessante per altro) Con poche Parole: Prendere e donare la libertà.