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Avatar di Diritto e altre parole

Questo testo non “parla del” blocco dello scrittore: ci porta dentro il suo meccanismo. Il piede che sbatte, la mano che non sente dolore, il cuore che invece preme: il corpo è anestetizzato, la parte viva è altrove. L’ombra che abita il buco non è un nemico, ma la parte di sé che conosce la verità e rifiuta le “parole vuote”, quelle scritte solo per sentirsi a posto con la coscienza.

L’immagine del buco pieno di inchiostro è il passaggio più potente: finché resti sul bordo, resti frammentato; quando ti lasci cadere, arrivano sia il dolore sia le parole. Il testo dice, con grande lucidità, che il blocco non è solo mancanza di ispirazione, ma rifiuto di immergersi nei luoghi di sé che non si possono controllare. E la chiusura è durissima ma onesta: in superficie, davvero, non c’è niente da raccontare.

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Avatar di Emanuela

Leggerti è come lasciarsi scivolare senza freni; si scende nel profondo, si risvegliano sussurri antichi, sensazioni ataviche e si intuiscono cose mai intuite.

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